Io e me non siamo sempre andate d’accordo. Credo che fra tutti questo sia il rapporto più controverso, malgrado nelle relazioni in genere, io abbia il primato in quanto a fallibilità. Le cose sono migliorate per fortuna e, ad oggi, posso dire a gran voce che sì, finalmente mi piaccio!

Con voi sarò sincera fino in fondo, ammettendo che questo eccessivo entusiasmo è in parte frutto della positività che puntualmente mi assale con l’arrivo della primavera. Perché, nei momenti “no”, i pensieri ostili in merito a me stessa tornano a insidiarmi. Potrà sembrare paradossale, ma è proprio la malattia che mi ha aiutata a condonarmi e a essere più clemente con me stessa. La diagnosi di disturbo bipolare è arrivata tardivamente, e solo dopo il primo ricovero. Per me è stato uno tsunami. Ho fatto molta fatica ad accettare una sentenza così impietosa e senza sconto di pena. Mi ci sono voluti più ricoveri e lunghissimi percorsi di psicoterapia e di psico educazione per giungere all’accettazione e alla consapevolezza. Con esse, è arrivato il perdono, quello che ho dovuto concedermi per trovare la forza di andare avanti.

Ho smesso di colpevolizzarmi per i fallimenti, gli errori, gli orrori, le perdite, i crolli, la bancarotta, per il dolore che ho cagionato e che mi sono autoinflitta. Ho compreso che la mia diversità non è una colpa e neppure una scelta, ma può avere risvolti positivi perché mi rende unica e irripetibile, come lo è ognuno di noi.

Certo, non sono perfetta ma non è più un reato, perché posso essere amata anche con tutte le mie imperfezioni. E soprattutto, posso amarmi, riesco a farlo anche se non sono sempre performante, nonostante i miei alti e bassi e le mie fragilità. Ho smesso di ripetermi frasi come “Sei sbagliata”, “Non ce la farai mai”, “Non vali niente” per dirmi “Ce la fai”, “Sei in gamba”, “Forza Madda, io sono con te”. E, da essere la peggiore nemica di me stessa, oggi provo a essere l’alleata numero uno. Perché hanno proprio ragione quando dicono che non si può amare nessun altro se prima non si ama se stessi, e che se non crediamo per primi al nostro potenziale, non potrà farlo nessun altro per noi. Si chiama autostima, e non ci si arriva col consenso altrui.

Madda Costa – Scrittrice – Responsabile Salotto Bipolare